22/05/10

O tempora o mores un cazzo

Al liceo il mio professore di greco, allora sulla cinquantina ma già con un passo e mezzo nella tomba per noi quindicenni e per sé stesso, costretto com'era al quotidiano confronto con i corpi e le menti degli adolescenti, ci ricordava spesso di Dante, del suo lamentarsi delle nuove generazioni in un passo non meglio precisato della Commedia. Almeno così ricordo. Il commento finale ogni volta che lo ricordava era che i vecchi si lamentano sempre dei costumi dei più giovani, ma solo perché non ricordano di sé stessi da giovani, quando non avevano preso su di sé le responsabilità della vita.
L'eterno decadimento dei "mores" sarebbe quindi nato con la loro istituzione, vittima dello scarto incolmabile tra ideale e reale, o tra le poche persone capaci di concepirlo e i ventri non fertili della maggioranza.
Quel prof ha cominciato ad aver ragione qualche minuto fa, a circa sette anni dal mio pranzo dei cento giorni. Solo adesso ci ho ripensato, giusto mentre guardavo questo video
E' davvero illusorio credere che certe forme di divertimento, di espressione, di fruizione musicale, di danze, certi vizi, certe abitudini, certi piaceri e godimenti siano forme di decadimento, segno di tempi malandati, di decadi di indecente decadenza. Ci sono cose che piacciono, come gli spettacoli alle parate, ai circhi sanguinolenti, come in un film visto qualche giorno fa dove dei tizi si sfidavano alla roulette russa davanti a milioni di spettatori gaudenti. Mi ricordo una canzone di frankie hi nrg. Ci sono cose che muovono le viscere, che estasiano, trascinano il corpo e lo dirigono assopendo la coscienza. Momenti dell'irrazionale, del lato più umano che abbiamo alla fine.
Kant diffidava dalla musica.


Nessun commento:

Posta un commento