30/07/09

Del chiacchiericcio querulo informato e sordo


"Il chiacchiericcio querulo informato e sordo,
a chi non vuole, non capisce e non perde occasione".

Home sweet home, Giovanni Lindo Ferretti era in splendida forma in Ko de Mondo, disco tra i miei preferiti. Parto da lui come spesso mi capita di fare. Il fatto è che l'ho incontrato presto, troppo presto. Quattordici anni. A quell'età ti imbevi di qualsiasi cosa come una spugna, e proprio come le spugne quando ti imbevi e poi sbarelli, bevi e non ti fermi. E allora succede che...

Un tizio si ferma davanti un altro tizio. Altri due tizi si frappongono tra gli interstizi. Quadrilatero perfetto. Uno si poggia ad un grosso pezzo di ghisa dove s'annodano le bitte. Lo scenario è lo stesso: il porto. I protagonisti sempre gli stessi: quelli che capitano.
I quattro discutono animatamente. Cerco di capire qualcosa. Si parla di italiano, di cadenze dialettali, di chi può insegnare cosa a chi e di chi non può mettere bocca in cosa. "Lei non può impararmi che" sgugge a uno. "Ma certo che può, anzi deve" interrompe l'altro.

La discussione si estende, il mondo diventa la totalità dei fatti e di fatti da dire in questo mondo ce ne sono abbastanza per riempire la bocca per qualche ora. Trezeguet, Cruz, Eto'. Umh... Lasciate perdere Ibraimovic alme...no, anche lui. Mi domando come abbiano fatto a cambiare rapidamente argomento di discussione mantenendo la stessa veemenza.

Il punto è che spesso la discussione non c'entra nulla. C'entra la veemenza. Quando le scimmie litigano per accaparrarsi una di quelle femmine dal culo duro come la roccia mica si scontrano sulla base di argomentazioni. Ennò, urlano e pugnano per veemenza.
Un gallo cedrone allarga il collo che si fa rosso e viola striato. Cerca di difendersi, è in evidente difficoltà. Chissà se ha ragione. Dice cose un po' senza senso. Inizia ogni argomentazione con un "E come se..." lanciandosi in paragoni che poco hanno a che fare con l'argomento di discussione, se non un vago sentore. Ovvio che o si è bravi o generalemente si casca davanti all'analogia. Questi non sono bravi. L'altro accusa il colpo. Infila una mano nella tasca e tira fuori una sigaretta come per dare maggiore spessore argomentativo alle proprie tesi. Meravigliosa fumosità degli asserti. Per pigrizia e fanciullesco incanto davanti all'idiozia, io do sempre ragione a chi ragiona con una sigaretta in mano.

Si discute ancora. Stavolta si è passati alla lettura di Hippolite della Fenomenolo... Scherzo, adesso si scazzano su questioni che hanno a che fare con l'economia, in realtà questioni di ragioneria, da ragioneria o ragioniera. Ogni terreno è buono per l'agone. Ciò che conta è l'agone. E proprio come ai tempi di Caligola ci si recava negli anfiteatri a godersi la battaglia così io adesso, guardo con distacco la comunicazione senza senso di questi quattro signori di mezza età.

Vuota forma del comunicare. Un comunicare disinteressato alla comunicazione. Un comunicare che in realtà comunica solo il messaggio del tono; voglia di supremazia, di aver ragione, piccola rivincita sulla mirserevole vita quotidiana, piccola vittoria agognata come acqua nel deserto dopo che il deserto ce lo si è costruito intorno. Piccolo barlume di speranza che il flatus vocis dia un senso al movimento dei polmoni, al battito cardiaco, a ciò che ci tiene in vita insomma.

Piccola vana speranza costretta ad infrangersi contro gli scogli dell'esperienza, del sempre medesimo, del letto che aspetta il nostro riposo, quello temporaneo, e di quello che attende quello eterno[Jeronimus Bosch, Giudizio finale]. Intanto c'è chi non perde occasione di dare il meglio di se nella pugna e combatte in ogni discussione come un leone ferito. Quelli li preferisco. Li vedi arrampicarsi sugli specchi della propria ragione con ragionamenti contraddittori o che cercano fondamento in stupide tautologie: è così perchè è così, con voce gutturale e stidula.

Si, quelli sono davvero i miei preferiti. Mi danno di capriccio infantile, di bambino che piange perchè non vuole togliere le rotelle alla sua bicicletta. E strillano, s'arrabbiano, e urlano come se in gioco fosse la loro vita. Certo. Il fatto è che senza quelle rotelle sanno di non poter fare a meno di cadere. E si cade, questo è certo.


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