05/01/11

Napoli due punti e a capo

http://pensierinlibertavigilata.wordpress.com/2011/01/03/napoli-due-punti-e-a-capo/

Se ci vieni da solo puoi stare zitto e ascoltare. Puoi vedere, e magari parlare. Magari, più difficile, essere scambiato per un napoletano.

San Lorenzo, una traversa di via dei Tribunali. Scusa hai una sigaretta? No, ho del tabacco. Ie nun me le sacc’ fà. Te ne faccio una io. Fann doi, p’ me e l’amic mie. Giro le sigarette a due tipi sulla quarantina. Cappello di lana schiacciato in testa, viso consumato. Parlano tra di loro e bevono del tavernello in cartone. Poverissimi, parlano di soldi, di lavoro, di monnezza. Soldi non ce ne sono. Monnezza ce n’è troppa. Finisco le due sigarette e le accendono. Tu sei di Napoli? No. A’ vist cumm stam ‘nguaiàt? So i stranièr ca c portn a munnezz. Gli stanieri? Si i polacc, i rumen. So gend sporc e c’ levn a fatic.

Il tipo cercava di giustificare sè e i napoletani incolpando gli stranieri. Nu simm gent garbat, no gend e’ spazzatur. Incolpava gli stranieri, gend e’ spazzatur. Incolpava loro per la monnezza, che è quello che appare e crea scompenso, ma in congiunzione ci mette il tema del lavoro. E il lavoro diventa la loro colpa principale, quella che li rende colpevoli di tutto il resto. Lo rubano. Bisogni materiali. Una guerra tra poveri negli stretti vicoli del centro storico napoletano.

Percorri una strada del centro e passi in pochi metri dalla ricchezza al degrado. Dai negozi da grandi firme ai sottani in cui si vendono sigarette di contrabbando (da evitare le Marlboro). Per capire Napoli bastano cinque minuti a piedi. Da via Partenope, il lungomare, salgo per una strada stretta, a chioccia, che porta a Monte di Dio. Lascio i ristoranti pieni di gente facoltosa, ricca borghesia napoletana dai modi quasi nobili. Trovo dei bambini puliscono la strada difronte casa loro lasciando a dieci metri dall’ingresso cumuli di sporcizia. Sul muro vicino l’abitazione una scritta intima agli incauti la fine che potrebbero fare se decidessero di parcheciare lì. Uno dei bambini nota la mia Nikon. La guarda per un paio di secondi. Io noto lui. Entra di corsa in casa. Decido di allontanarmi a passo svelto. Cento metri e mi accorgo di essere seguito da un motorino. Sopra, lui e quello che penso sia suo fratello più grande. La strada è stretta e lunga, piena di cumuli di immondizia, di ragazzini che si rincorrono, di motorini che sfrecciano facendo lo slalom tra di loro. Prima che mi raggiungano giro sulla destra, un vicolo ancora più stretto e ancora più sporco. Qualche decina di metri e sulla sinistra intravedo piazza Plebiscito. La raggiungo. La Nikon è ancora con me. Attraverso la piazza e raggiungo il Gambrinus. Gente per bene prende il caffè nel pomeriggio di capodanno. Pellicce, bmw, sorrisi da giorno di festa, scambi di auguri reciproci e un po’ finti.

Napoli vive delle sue contraddizioni. Napoli è una città dissonante e la dissonanza è il suo fascino. Non senza rischi, vale la pena viverla da dentro. E vale la pena rischiare.

Bella della bellezza di una capitale, vive in un degrado da periferia del mondo. Pagana, vive di simboli, di credenze, di superstizioni e sforna altri prelati. Allegra e vitale, sa che è dura andare avanti. Sa che non c’è molto da stare allegri.

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