Ieri sera apro la mia cartella incoming e cerco qualcosa convinto di non trovarci niente. Film già visti, alcuni rivisti, tutti di mio gradimento ovviamente. Poi vedo un file mpg, non l’avevo mai notato prima. Lo apro con la certezza che il contenuto non mi sorprenderà più di tanto, credevo infatti si trattasse di un fake, inaspettate e agognate bricconate dei dediti allo file sharing.
Invece no, vedo subito il capoccione di Ghezzi che mi guarda senza guardarmi attraverso le spesse lenti che lo aiutano a focalizzare bene il mondo. Parla di Cronenberg e di un regista russo. Poi parte un film, o meglio un cortometraggio visto che il file/m è lungo una trentina di minuti, ma nemmeno. Inglese, sottotitoli in italiano. Un’officina, moto, pezzi di moto, olio di moto. Sembra un pronto soccorso in emergenza posti letto. Ecco, appunto, Cronenberg. Carne, metallo, vita contro la morte, la ripetizione dell’identico, la fossilizzazione dell’esistenza.
Un facoltoso collezionista d’arte compra una Ducati 900 per piazzarsela in salotto, sul tappeto, a mo’ d’oggetto d’arte. I motociclisti dell’officina che descrivevo prima lo vengono a sapere e vogliono liberare la moto. La moto è fatta per correre, è perfetta nei suoi ingranaggi perché la finalità di quegli ingranaggi è la corsa, la velocità, la vita. Nel film si vengono a contrapporre questi poli opposti, questi contrari che sono i contrari della nostra cultura. Vita e morte, eros e thanatos, carne e spirito etc…
Il mondo dell’arte è un falso, come è falso il mondo dello spirito. Questo vale per il mondo d’oggi, sia chiaro. Coperta dall’ottusità del vaneggio l’arte stessa diventa icona di morte e fossilizzazione. Da dionisiaca ad apollinea, o forse la radicalizzazione negativa dell’apollineo. Cosa sono le belle forme se non hanno una carica vitale dentro? A cosa si riduce il bello se da esso non si sprigiona una forza vitale e distruttiva? A che serve vivere se dentro non si freme, se questo fremere non produce, se la produzione non è continua e totale? Fermi, immoti, contemplati per il bello che sembrano manifestare come bomboniere che non possono scoppiare (Bergonzoni), gli oggetti d’arte si reificano a suppellettili, a strumenti da cucina di una massaia defunta.
Il corto di Cronenberg affronta questi temi, più o meno. I ragazzi riescono a liberare la moto. Come ci riescono? Geniale la trovata del regista. Nella casa del collezionista tra le opere d’arte si trova un uomo in carne ed ossa. Lui è lì perché è bello. Non fa niente, ammazza la noia della sua esistenza tirando coca tutto il giorno. In cambio di una grossa partita di divertisement convince il suo proprietario a vendergli la moto per un dollaro, realizzando però per la prima volta un ready made che vede un’opera d’arte acquistare un’altra opera d’arte. L’idea entusiasma il proprietario che fotografa il tutto per poi venderlo alle riviste d’arte di New York, «quelle serie però».
I ragazzi oltre che la moto liberano lui. La macchina torna a vivere e l’uomo torna a vivere. La macchina è vita se un uomo vitale la domina. Una corsa in moto cancella l’ottusità del collezionista, la vita si impone contro la reificazione.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento