16/04/09

Sciacalli rumeni, articolo oscurantista in risposta ad un'analisi illuminante.


http://in-formando.blogspot.com/2009/04/sciacalli-rumeni.html

[Malevich, Quadrato nero]

Giusto per prendermi un po' per il culo ho riattivato il mio account facebook. Durerà poco ma mi ha comunque permesso di leggere questo articolo. In realtà non so se è di luca, credo di si, ma qualcosa mi depista. Vi annoio un po' con considerazioni e domande. Non mi spaventa la prospettiva che finiranno cestinate prima ancora d'essere lette; non ho molto da fare stanotte e non mi pesa.
L'analisi è fatta bene, è interessante. dove servirà la citerò a memoria.

Repubblica. Luca dice che il loro articolo di smentita è quello con maggiore dovizia di particolari perché è un movimento consolatorio. Una litania. Da espiare sarebbe quindi la colpa edipica di aver voluto sapere, o vedere, il male così com'è. la cruda realtà umana. Io leggendolo ho avuto l'impressione che lo "scribacchino" abbia cercato di evitare le frasi laconiche che hanno riempito le righe di altre testate, evitando così che espressioni poco mediate come "assoluzione per gli sciacalli" insospettissero i loro accorti lettori. Spiegando il fatti, cioè dispiegando il senso di ogni asserto, questi diventano un po' più vividi, un po' più vicini al reale in-formato. Si parla delle indagini, delle cause della scarcerazione, dei motivi che li hanno portati ad essere lì etc.

Repubblica ha di fatto cercato di scagionare agli occhi del lettore gli imputati. Per farlo era necessario dare un senso alla decisione del giudice, all'apparato statale delegato a prenderla, ai suoi funzionari e al suo braccio armato. A cosa sarebbe servita la decisione del un giudice se non ci fosse l'inno alla gioia finale? Se non si fosse ricordata la presenza dello stato in luoghi in cui la terra ha scosso le vite e le certezze degli uomini, cosa ne sarebbe di loro? Loro che continuavano a piangere ai microfoni: non ci abbandonate! "Orgoglio abruzzese".

Il Giornale. Le accuse fatte mi sembrano un po’ fuori luogo, come se si volesse sparare su un nemico che per una volta ha alzato bandiera bianca; è di per sé facile farsi beffa di un quotidiano che su di sé ha già l’onta di essere finanziato dalla famiglia Berlusconi. È un giornale di parte, fazioso, antipatico. Come ce n’è sono altri, troppi. Ma in questo caso s’è voluta gettare l’ombra del sospetto, leggendo di più di quello che c’è scritto, inserendo altri discorsi presi da altre parti (per somiglianza di famiglia) nella vaghezza dei sintagmi. Infatti nell'analisi lo si prende in considerazione perché è un facile bersaglio ma gli si dedica poco spazio, con frasi ad effetto come il richiamo ad Orwell. Ma niente di più.

TGCOM. Se uno mi chiedesse di riassumere la notizia di repubblica in poche battute non farei un articolo molto diverso da quello di tgcom o dell'ansa che mi pare hai riportato. Fortuna che non sono un giornalista! Ma quelle espressioni così vaghe e aperte all'interpretazione sono necessarie per un certo tipo di comunicazione "flash". Il significato che Luca ha attribuito loro è il sintomo dell'aria che si respira in Italia, l'aria che esce dalle bocche dei rappresentanti del potere per poggiarsi sulle spugnette dei microfoni dei cronisti e che noi respiriamo, grazie ai bocchettoni del tubo catodico.

Luca ha riempito il vuoto denotativo di quelle frasi in maniera piuttosto corretta, svelando un parallelo possibile. Ma la colpa è attribuibile solo al cronista? Se dietro il fatto che un giudice decide per la scarcerazione si possa leggere una critica berlusconiana alla giustizia italiana è una responsabilità sua o degli argomenti che un ottimo comunicatore ha inserito all'interno del nostro dibattito pubblico? Se berlusconi si fosse risparmiato nel tempo gli attacchi alla magistratura, quella notizia sarebbe stata data in maniera diversa? O semplicemente lui è stato in grado di occupare prima una posizione di potere e poi il controllo delle notizie, non tanto per come esse vengono date, ma per come vengono recepite?

Se seguo il filo dei miei pensieri, (non lo fate!) l'informazione potrà caratterizzarsi in futuro come produzione di forme, parole-scatole con dentro niente, avulse dal contenuto che comunque altri "deputati" danno, e con la peculiarità che il sinolo avviene nella testa del fruitore. Cazzo, il delitto perfetto!
Non sono neppure sicuro io di quello che ho scritto. Nel senso, non mi sono mai posto la questione prima d'ora. Almeno su quest'ultimo punto. So stanco. Tanto si fa pe' ridere.

Finisco col ricordare che c'è una differenza materiale tra gli strumenti di lavoro e gli strumento per lo scasso. Sono semplicemente diversi. Non si tratta del piede di porco, per intenderci. Quindi se io vengo fermato con attrezzi da scasso mi arrestano, perché il loro possesso non è consentito dalla legge italiana. Ah, torno col culo per terra. E di nuovo, lo stato, la pantomima, l'inno alla gioia e l'azione parallela....

2 commenti:

  1. Mi sento in dovere di precisare ciò che ho detto sulla questione degli arnesi da scasso. Non ho approfondito la trattazione dell'argomento poichè, negli articoli di cronaca che mi sembravano più rappresentativi, gli accenni erano fugaci, marginali o del tutto assenti. Tuttavia la tua obiezione mi ha spinto a un'ulteriore ricerca e, a proposito dei suddetti "arnesi", le fonti non coincidono.
    Questa potrebbe essere una delle cause che hanno spinto gli onesti scribacchini de laRepubblica a tergiversare pudicamente sulla particolarità concreta dei succitati arnesi.
    Comunque, ad un'ulteriore ricerca sulla stampa di quei giorni, risulta controversa anche l'identificazione della condanna. Per esempio, secondo Il Messaggero, la condanna per uno dei fermati sarebbe per l'imputazione del possesso di "oggetti atti ad offendere", e lo scribacchiono de Il Messaggero cita a proposito una mazza da baseball. Tuttavia, la versione maggiormente imputata sulla stampa, anche online, è quella degli "arnesi da scasso". Alcune agenzie (Agcom e Ansa) menzionano due martelli e un piede di porco.
    Non ho gli elementi per interpolare questi "vuoti" informativi. Ma già la loro presenza non fa che confortare il mio disappunto sulla prestazione dei suddetti scribacchini.

    Ma so che quello che deve averti colpito è l'aspetto Scolastico della vicenda da me messo in luce, l'accenno, cioè, alla "transustanziazione".

    Mettiamola così (evito di chiamare in causa Duns Scoto): lo stesso giorno, il TG2 di Marano ha trasmesso un servizio introdotto dalla mezzobusta come "una delle tante storie di cui si compone la tragedia". Il cameraman e l'intervistatore d'assalto, sprezzanti del pericolo, seguivano un uomo che si avventurava in una zona GIA' sfollata con un cacciavite e un piede di porco. Costui, padrone di un appartamento al pianterreno in un quartiere lesionato ma non distrutto de L'Aquila, doveva rientrare per un attimo in casa per recuperare la fotografia incorniciata della sua compianta consorte. Il cameraman ha seguito l'avventuroso "antigono" fino alla porta di casa sua. Un primo tentativo, fallito, di aprire la porta con i suoi miseri strumenti, unito alle insistenze dell'intervistatore d'assalto, hanno poi convinto il "dimoratore tra gli dei dell'Ade" a pervenire a più miti consigli ed uscire dalla zona interdetta. Il servizio è finito e la linea è tornata alla mezzobusta, che, con occhi che tacitamente cantavano il "pollà ta deinà", ha voltato pagina.

    Ecco, evito lunghe e illuminanti analisi perchè penso che questo racconto possa bastare a spiegare il contorno di quella transustanziazione e a chiarire a cosa mi riferissi con il sigetico, holderliniano accenno agli "arnesi da lavoro".

    ciao arcà.

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  2. Che buona parte dell'informazione sia deprecabile è un fatto. Di certo non era mia intenzione difenderla. Non l'ho mai fatto, non l'ho fatto nelle mie obiezioni e di certo non lo farò ora. Quindi sono d’accordo con la tua risposta (d’altro canto di «estetizzazione della comunicazione» ho scritto nel precedente post) ma non con ciò a cui ho obiettato all’inizio, il tuo articolo.

    Il punto è che la tua analisi mi pare a tratti davvero interessante (illuminante era riferito ai commenti che hai ricevuto, ironizzavo sul loro giudizio piuttosto che su di te, sai che ti reputo una bella mente), a tratti un po' fumosa, tesa a trovare un colpevole a tutti i costi, a raggirarlo con una buona retorica e con l'utilizzo di metafore che, sinceramente, non si sono fatte sempre apprezzare (tipo quella sulla nona, che di 'sti tempi se la passa proprio male). Sono parole che fanno un certo effetto, messe al posto giusto, ma non so se colgono bene la faccenda.

    Io non riesco ad imputare alla stampa frivola come quella del TGCOM tutta la responsabilità che tu le attribuisci. Il motivo è che non riesco a vedere in quelle dita che si muovono sulla tastiera una facoltà autocosciente. Le immagino muoversi inconsapevoli, governate da una coscienza altra, quella del proprio tempo. Sono automi, macchine che scrivono con un inchiostro che non macchia. È il loro mestiere comunicare superficialmente, dire quello che il loro target vuole sentirsi dire. Mestiere deprecabile, ma credo meno intelligente e consapevole di quanto tu creda. Credo.

    Repubblica a mio avviso s’è meritata un po’ ingiustamente le tue critiche. La cosa più forte che ho trovato è quella faccenda dello stato e dell’inno alla gioia. Ma senza celebrare lo stato non ha senso la giustizia. Quella giustizia tu la condividi (i rumeni assolti) ma spari a zero su quello che la fa essere. Ovviamente ti renderai conto che non c’è soluzione di mezzo. O si dice che la giustizia non è di questo mondo, oppure si accettano i presupposti che la fanno esistere. Ovvero, lo stato (liberale, comunista, come ti pare) e il suo apparato, oppure l’”occhio per occhio”.

    Leggendoti quindi, ho come l’impressione che la tua analisi a volte parta da concetti che non sono chiariti, presupposti non mediati o postulati, come la critica al concetto di stato. È un metodo diffuso.

    D’altro canto, credo che tutta la stampa possa essere accusata di essere al soldo di qualcuno, o qualcosa. Ma non voglio fare la parte del qualunquista, perché non lo sono. Certo, è più facile che l’intelligenza si scagli contro ciò che è grossolanamente superficiale, ad esempio il fare leva di certa stampa sulle “risorse simboliche”. Il perché è semplice. È la cultura di destra a far leva su quelle risorse. È istintuale, poco mediata, incolta, si richiama a paure ataviche, sciocca diffidenza per il diverso. A queste in Italia s’è aggiunta negli ultimi anni quella contro la magistratura e lo stato, che tra l'altro ci portiamo dietro dai tempi dell’unità nazionale, e della repressione delle resistenze locali.

    In sintesi, sono grossomodo d’accordo con la tua analisi fino alle critiche al Giornale e Repubblica. Da lì in poi a mio avviso si fa un po’ pressappochista, fa leva sulle opinioni di una "certa" opposizione politica per testimoniare la grettezza di "certa" stampa. Ma non credo colga aspetti importanti, come invece riesce nella prima parte.

    Ultimo. Se i carabinieri dicono che nel bagagliaio c'erano arnesi da scasso, questi rimangono tali anche dopo l'assoluzione per l'altro reato. Non possono cambiare di stato. La colpa imputata allo "scribacchino" è inesistente perché se le sue fonti parlavano di arnesi da scasso non può cambiarle in arnesi da lavoro. A volte i primi coincidono coi secondi, a volte no. Questo esempio l'ho preso perché mi sembrava esplicativo del modo in cui hai condotto l'analisi della seconda parte. Come se cercassi di arrampicarti sugli specchi con movimenti eleganti. Sembrava proprio che stessi salendo!

    Un abbraccio, ciao lu'

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