Uno sguardo commosso al passato. A Fahrenheit di Truffaut, a Brazil di Gilliam, a Il pasto nudo di Cronenberg. Videodrome... Otto anni fa, un proiettore, una stanza nel centro sociale, un ginepraio di sigarette, condimenti per drum e alcol. Sembrava tutto così intelligente allora ma se allungo le dita non riesco a cogliere quasi più niente - dove è finito?
Nulla, o quasi; e quel che è è abbastanza. Allora accendo la TV ad un orario insolito, le cinque di pomeriggio. La suina è il mio Autodafé. Posso assistere ad uno dei tanti esempi di come viene quotidianamente mortificata l'intelligenza dai media.
Barbara D'Urso intervista una giovane donna africana. Sahmira. Lei racconta con un italiano stentato le violenze subite. Abusi, aborti, pestaggi. Se incespica nel ricordare qualche particolare doloroso il volto della D'Urso le viene incontro quasi sofferente. "Io so che..." e le indica le parole corrette, quelle più vicine alla logica della spettacolarizzazione.
Shamira è completamente coperta in volto per evitare di essere riconosciuta dai suoi terribili e vendicativi aguzzini. Una sciarpa copre gli zigomi e il naso sul quale poggiano due ampie lenti scure. Gli autori del programma hanno giustamente pensato a salvaguardare la sua identità, dice magnanima la D'Urso inorgoglita da cotanto magnanimo team, mentre continua ad imboccare alla ragaza le parole corrette da dire, le cose giuste da raccontare.
Quel volto coperto è ciò che ha catturato la mia attenzione mentre facevo zapping. Sciarpa e occhialoni neri su cui si elevava un'assurda parrucca bianco panna di capelli ispidi e foltissimi che si ergevano a raggiera per tutta l'inquadratura. Una trappola perfetta, no?
La storia della giovane donna è commovente. La D'Urso stessa passa dagli occhi lucidi alle lacrime. A quel punto si compie il capolavoro. Chiede a Shamira di raccontare le violenze subite attraverso i riti vudù. Shamira pare non percepire il messaggio. Lei rincara la dose "Quelle ferite, la gente deve vedere, è giusto, la gente deve sapere!".
Breve parentesi intellettuale.
La società dello spettacolo, si sa, si basa sul vedere, sulla vista come organo di senso. Pasolini e Debord possono aiutare molto meglio di me a comprenderne i tratti. Ma seguitemi un attimo in questo breve excursus storico filosofico che a qualcuno piace tanto.
Il vedere è ciò che meglio caratterizza l'attività gnoseologica dell'uomo: Aristotele. Il vedere fa teoria (in greco theorein, vedere appunto) cioè visione del mondo, ma anche valori condivisi, bagaglio comune di conoscenze. Il vedere è una sorta di sintesi estetica e epistemica: Baumgarten.
Al theorein della metafora Wittgestein dedicherà alcuni paragrafi delle Ricerche e Musil la seconda parte de L'Uomo senza qualità.
Lukacs dice invece che in parallelo la razionalizzazione e meccanizzazione del processo lavorativo portano l'attività umana a risolversi in mera "contemplazione", cosa che Debord riutilizzerà per definire il concetto di società dello spettacolo.
Pasolini in Scritti corsari dedicherà molte pagine alla televisione come mezzo di formazione della coscienza media, come omologazione e veicolo prediletto dell'acculturazione.
E' così dunque che duemilacinquecento fottutissimi anni di filosofia trovano concretizzazione in nella barbarica D'Urso. E' in conseguenza alla sua sollecitazione, consentitemi, baumgartiana che Shamira infatti si alza la maglietta e fa vedere delle ferite di coltello che disegnano una croce su metà ventre. Dice che appena fatte sono state unte con peperoncino, cosa che, ammette lei, rende le ferite di una consistenza particolare. Ma l'audience pretende ancora e Shamira è portata a mostrare altre ferite, sul collo e sotto le tempie, cosa che la porta a togliersi la sciarpa e a scostare il parruccone protettivo.
Bene. In meno di due minuti di spettacolo la D'Urso ha sfanculato l'irriconoscibilità (inutile, farsesca) della sua giovane e sfortunata ospite mostrando alle telecamere segni inequivocabili di identificazione, oltre a buona parte del viso. E lo faceva tra le lacrime, sue e del suo pubblico cazzone.
Devo provare assolutamente a cospargere di peperoncino o Harissa le mie prossime ferite. Il messaggio che mi hai lasciato è: il piccante dà una consistenza particolare alle ferite. Mi è venuta una fame!
RispondiEliminaBella coincidenza: il televisore del barbiere era sintonizzato sullo stesso programma e nello stesso frangente, così so esattamente a cosa ti riferisci.
RispondiEliminaSottoscrivo tutto, anche se personalmente avevo pensato, prima ancora che si mostrassero le ferite, che i travestimenti e i nomi falsi fossero una mossa inutile, perché chi ha gli elementi per riconoscere lo farà a prescindere.
Ad ogni modo su programmi come "Pomeriggio Cinque" c'è davvero da farci tesi in Filosofia, Sociologia, Scienze Politiche. Anche se un uso più produttivo del proprio tempo consisterebbe nell'appiccare un incendio negli studi televisivi.
U' Pucceddu
(Upuccedu ahahaaha)
RispondiEliminaessì il punto è che anche il travestimento era spettacolo, inutile a prescindere e smentito dalla logica stessa della spettacolarizzazione...
fortunatamente ho già dato e la tesi l'ho fatta su qualcosa di completamente diverso, forse non troppo... sta roba oramai non è nemmeno più da studio serio, sempre che la tesi lo sia sempre e a prescindere...