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02/02/10

Il morbo.

Sabato sera sottotono. Una certa vacuità avventizia porta lo sguardo a scrutare orizzonti imperturbabili tra le pieghe di un lampione di stoffa appeso alle pareti di una pizzeria, tra le maglie di una sedia di vimini, sulle falangi di una cameriera annoiata, nei rivoli di grasso sciolto che promana dai tocchetti di salsiccia al tavolo difronte, nelle sazie risate che fanno attrito con la semantica. Fu Eriugena a parlare di teofanie e un Teos che porta fino allo parossismo la voglia di annullarsi comincia di qui a prendere forma, a bussare alla coscienza per poi sparire, burlone.

E' il morbo. Il morbo non lo puoi controllare, ti prende, ti attanaglia le meningi, stringe e stride. se entra te lo porti appresso tutta la vita, ogni manifestazione della realtà è compromessa, la realtà perde di senso acquistandone molto di più. Un esempio:

"tutta la notte in piedi a finire il giornale,fumo una quantità sconsiderata di sigarette.alle sette e mezza finisco,mi incappuccio e vado a correre per evitare una cancrena cerebrale.filo per sei km in mezz'ora,all'altezza del ponticello incrocio due ragazzotti metallari che mi guardano con aria snob mentre fumano la loro prima sigaretta della giornata,ben riparati dai genitori che il giorno dopo firmeranno la giustifica"

Altri se ne presentano in continuazione, spostano gli assi cartesiani del mondo, riportano tutto su una dimensione frattale dove è impossibile seguire l'andamento fino alla fine. Ci si perde. E' la varietà a spaventare, per questo si trovano appigli stabili. Il morbo li scardina, smotta il terreno della logica, del buon senso, di tutto ciò che è bene e che è male. E' il lascito del travaglio, i punti di sutura sulla corteccia celebrale, il dolore di una ferita che stenta a rimarginarsi e su cui piove sodio.

09/01/10

Dei vizi e delle virtù. Puppa Fumo.






Fermo la bici sul lungo mare. Sentivo che il bisogno veniva dai polmoni, o da quelle zone lì, senza riuscire a capire se stavo andando in debito di ossigeno oppure avevo solo voglia di farmi una sigaretta. Ad ogni modo mi sarei fatto una sigaretta. E' che col mio corpo non è che abbia mai avuto un dialogo costruttivo.
Me la faccio, aspetto, va molto meglio. Altezza L'Incontro. Un presagio.

Due piccioni si stavano dividendo un lauto pasto fatto di pane raffermo, frattaglie e roba simile. Scarti di un supermercato poco vicino mal riposti ai piedi di un bidone grigio, stracolmo, dello stesso colore dei piccioni. Poco dopo uno stormo di gabbiani plana controvento, disponendosi intorno al banchetto dei piccioni. Formano un semicerchio perfetto segnato da una ventina di
loro, punti bianco candido sul cemento.

A turno si avvicinano ai commensali, due, tre, quattro alla volta. Il grosso del pasto è concentrato proprio sotto il bidone ma delle briciole si sono sparse tutt'intorno e compito dei primi avventori è quello di accaparrarsi quella parte. Ma i piccioni li vedono e, ora l'uno ora l'altro, si girano per scacciare gli intrusi. Mai un vero contatto tra i volatili. Bastava che un piccione si voltasse
minaccioso per fare in modo che i gabbiani l'aggressività e le cattive intenzioni dell'avversario, indi allontanarsi intimoriti.

Cosa strana è che quando un piccione si gira per difendere il proprio pasto becca il terreno per raccogliere le briciole divenute oggetto del desiderio dei gabbiani. Quasi a sfregio, quasi a dimostrare che nulla sarebbe potuto sfuggire al loro controllo. Altri tentativi da parte di altri gabbiani, tutti fallimentari, tutti si fermano prima di un possibile contatto con uno dei topi
dell'aria. La scena va per le lunghe e ho il tempo di fumare e dedicare qualche pensiero al cianuro a quel cazzone di Povia.
I suoi piccioni intanto continuano ad ingurgitare una quantità sconsiderata di cibo. Davvero troppo, quasi non ci si crede che animaletti così piccoli possano avere uno stomaco di una tale

capacità. Finiscono tutto in una quindicina di minuti, beccano gli ultimi rimasugli davanti ai gabbiani impotenti e tenuti a distanza di sicurezza. In numero sempre crescente, i gabbiani assistono alla fine del banchetto inerti, senza più nemmeno accennare ad un nuovo tentativo.

I piccioni finiscono, raccolgono coi loro becchi unti anche le ultime rimanenze di cibo e volano via, intimorendo con questo gesto per l'ultima volta i gabbiani. Questi ritornano dopo qualche secondo, fanno un breve giro di perlustrazione, giusto il tempo di accorgersi che per loro non c'è davvero più nulla.

La durata dello spettacolo mi ha permesso di fumare qualche altra sigaretta e di accorgermi che il mio era davvero un disperato bisogno di fumare.


[Immagini prese da Uccellacci&Uccellini, PPPasolini]